Se bazzicate nell’ambiente, se siete autori e/o lettori di fantasy, forse avrete notato che c’è una forte spinta a supportare il fantasy italiano da parte di case editrici, colleghi autori, profili bookstagram. Ma come siamo arrivati a questo? E sta funzionando?
Un salto indietro nel tempo
Per capirlo dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino agli anni 2000. In quel periodo uscivano gli adattamenti de La Compagnia dell’Anello e Harry Potter e la Pietra Filosofale, che hanno avuto un impatto incredibile sul genere fantasy.
I grandi editori hanno fiutato l’opportunità e Mondadori ha pubblicato un’esordiente, Licia Troisi, con Le Cronache del Mondo Emerso. La serie ha avuto talmente tanto successo da essere tradotta e pubblicata anche all’estero: un traguardo che la maggior parte degli scrittori (non solo italiani) può solo sognare.
I grandi editori si sono quindi fiondati sul fantasy e hanno pubblicato tantissimi libri scritti da italiani, che però non riuscivano a raggiungere la qualità di quelli internazionali. Erano pubblicazioni fatte in fretta, con in mente solamente il guadagno.
E quindi cos’è successo? I lettori, essendo abituati a una qualità molto alta (pensate ad autori fondanti del genere come Tolkien, Pratchett, Le Guin, Brooks e via dicendo) si sono scottati e hanno smesso di comprare i fantasy scritti da italiani. Le case editrici, a quel punto, hanno smesso di pubblicare autori italiani, creando un circolo vizioso da cui adesso facciamo fatica a uscire.
E nel 2025?
Arriviamo al 2025: quella del fantasy italiano è diventata una nicchia principalmente formata da altri scrittori di fantasy. Se i lettori sono venuti a mancare a causa di questo circolo vizioso, gli scrittori sono invece tantissimi.
Nonostante questo, il fantasy in senso lato continua ad attirare un grande pubblico grazie alle grandi opportunità che offre: la possibilità di creare mondi immaginari e di raccontare avventure straordinarie. Non solo: il fantasy non è solamente escapismo, ma ci permette anche di trattare temi attuali. È un genere ormai ampissimo, che non si ferma a cavalieri, draghi e principesse. Non stupisce, quindi, che gli scrittori fantasy siano così tanti, anche giovanissimi!
Purtroppo mancano le opportunità da parte delle case editrici, soprattutto quelle grandi, che preferiscono andare sul sicuro pubblicando autori internazionali (che rappresentano un rischio editoriale di gran lunga minore), oppure evitando del tutto il genere fantasy.
Le iniziative per scrittori
In quanto scrittori anche fantasy, è avvilente vedere che il genere che scriviamo è spesso snobbato dalle maggiori case editrici e dai lettori. L’occasione di emergere davvero ci viene preclusa, dato che generalmente l’impianto pubblicitario dedicato a questo genere è ridotto o poco valorizzato. Il fantasy italiano è ormai messo in secondo piano, e forse lo è sempre stato, con brevi eccezioni a inizio secolo.
È qui che entrano in gioco le tantissime iniziative che si propongono l’obiettivo di supportare (e far rinascere) il fantasy italiano rivolgendosi principalmente agli scrittori, fornendo loro consigli, risorse di scrittura e altro. Pur trattandosi di elementi importanti, che permettono agli autori di acquisire più consapevolezza, fare rete e imparare a conoscere i meccanismi editoriali, queste iniziative spesso non riescono ad affrontare il problema in tutta la sua complessità.
Molte di esse, va notato, emergono da un ambiente schiettamente commerciale, ed è su questi aspetti commerciali e tecnici della scrittura che si concentrano, da una parte per fare leva sul desiderio di rivalsa degli aspiranti scrittori, dall’altra perché non osservano il problema da una prospettiva diversa. Di fatto tali realtà si rinforzano a vicenda con la propria mera presenza nel panorama editoriale, contribuendo a nutrire l’immagine collettiva di una scrittura fondata su tecnica, tropi e commercializzazione in un circolo vizioso, perdendo di vista la riflessione sociale, la meditazione personale o la ricerca dell’innovazione che accompagnano una vera floridità letteraria.
Degna di nota è anche la pratica delle recensioni positive: si invitano i membri dei gruppi di lettura, e i followers, a recensire positivamente le nuove uscite nel nome della crescita del fantasy, mettendo da parte il senso critico e i difetti del caso, da cui nessun libro è immune! Ancora una volta, ciò che conta è l’immagine pubblica, non il contenuto.
Pertanto, queste iniziative non sono veramente risolutive, ma rinforzano le convinzioni già presenti all’interno di ambienti consolidati. In particolare ci si concentra sull’idea che lo scarso valore del fantasy italiano sia dovuto alla mancanza di supporto agli scrittori di fantasy.
La soluzione? Devono essere gli autori stessi a nutrire la nicchia, supportandosi a vicenda. Se da un lato si tratta di un ottimo punto di partenza per sviluppare la consapevolezza di un problema nostrano, si presenta dall’altro il rischio concreto di sviluppare circoli di supporto reciproco dove gli autori e le piccole CE si convincono vicendevolmente di stare creando un nuovo livello qualitativo del fantasy italiano, mentre in realtà la produzione di ulteriori lavori avviene in un contesto acritico, privo di un vero confronto.
Ricapitolando, nel momento in cui gli autori percepiscono un simile “dovere di supporto” il pericolo è quello di generare un ambiente simile al contesto dei primi anni 2000, dove viene scritto e pubblicato tanto fantasy, ma dove la mancanza di un severo controllo critico rischia di minare per una seconda volta la fiducia dei lettori. A ciò va sommata anche l’illusione di risolvere un problema, quello di un panorama letterario stantio, che in realtà non sta venendo affrontato, perché proprio per via della sua complessità esso richiede particolari strumenti (più critici che tecnici) che non stanno venendo né concepiti né sviluppati, preferendo rifugiarsi nei principi di scrittura e sceneggiatura importati dalla produzione letteraria e cinematografica statunitense.
Ma i lettori?
Se le iniziative a cui ci siamo riferiti sono comunque importanti, altrettanto fondamentale è rivolgersi ai lettori.
Come abbiamo detto, il fantasy italiano è una nicchia formata quasi solo da scrittori e professionisti dell’editoria. E se i nostri libri vengono letti solo dagli altri scrittori, rimangono dentro la nicchia. Il target di un’iniziativa che diffonde il fantasy italiano dovrebbe essere prima di tutto quello dei lettori appassionati di fantasy.
Ma questo viene a mancare, a volte anche da parte di alcune case editrici, che preferiscono pubblicare tips e tricks sulla narratologia piuttosto che parlare ai lettori dei propri libri! Si crea così un altro circolo vizioso, per cui il target di certe case editrici sono gli scrittori che sognano di pubblicare con loro, e non i veri e propri lettori. Ma poi chi leggerà il vostro libro?
Inoltre crediamo ci sia una fondamentale mancanza di comprensione di cosa cerca un lettore di fantasy, e questo si nota dai siti degli editori e degli autori. Questi sono spesso canali unicamente economici, per cui non è mai disponibile più di una piccola quarta di copertina e un link che invita all’acquisto. Raramente vengono messi in mostra il mondo, i personaggi, le idee, i temi con cui l’autore ha costruito la propria storia, e dunque c’è poco che possa affascinare il lettore oltre le misere quarte di copertine, che ormai rasentano le versioni analogiche dei clickbait. Il lettore viene trattato come mero portatore di transazione economica, senza alcun tipo di interazione o dialogo.
Un’altra possibile pratica è quella di abbandonare gli scaffali e guardare altrove: l’internet, per quanto attualmente inquinato da contenuti clickbait, pubblicità e social media manipolatori, continua a rimanere un canale valido. Gli autori di fantasy hanno talvolta i propri siti personali, ma anche questi si rivolgono ai lettori considerandoli clienti più che appassionati: le loro vetrine sono sempre a scopo di vendita. Mettere in mostra i propri mondi e le proprie idee prima di ogni altra cosa è una componente fondamentale che il fantasy non può abbandonare, ma gli autori sembrano averlo dimenticato.
Conclusione e proposte
Generalmente, un genere trova lettori al di fuori della sua nicchia quando c’è un bestseller o una serie che diventa molto popolare e cattura anche chi non leggerebbe il genere normalmente. In Italia questo succede difficilmente, perché la maggior parte delle produzioni culturali sono mirate alle generazioni più vecchie, o sono la riproduzione di storie già di successo, quindi se ci sarà qualcosa di popolare e originale sarà sempre da fuori (The Witcher, Game Of Thrones, Harry Potter, etc).
Ma noi scrittori non possiamo controllare le grandi case editrici e nemmeno sperare che un bestseller piova dal cielo. Possiamo impegnarci per aumentare la qualità dei nostri libri, questo è certo. Ma non basta. Non abbiamo la presunzione di avere la soluzione in mano, ma ci abbiamo riflettuto e abbiamo pensato a una serie di idee che ci piacerebbe avere nel panorama italiano.
Secondo la nostra opinione, è importante portare in Italia dialoghi e riflessioni di autori ed editori stranieri o di generi o periodi diversi, così da mettere fine al riciclo di nomi del ristretto cerchio di italiani (o nomi esteri fin troppo celebri, come Sanderson). Un’altra iniziativa interessante potrebbe essere costituita da workshop orizzontali, basati su manuali di scrittura, suggerimenti o idee di autori meno visibili; non solo corsi e lezioni frontali nella modalità “da uno a molti” fondati sulla teoria odierna. Parliamo di laboratori dove organizzatori e partecipanti possono cimentarsi senza distinzioni nell’esercizio e nel commento letterario scaturito dalle riflessioni di chi ha lasciato la sua impronta nella letteratura.
Fondamentale stimolare il dibattito sulle recensioni! Comprendere il loro scopo, come strutturarle, come sviscerare una storia ed esprimersi per avanzare una critica in maniera realmente costruttiva. Il marketing dovrebbe comunicare davvero con i lettori in quanto appassionati, non solo in quanto clienti: troppo spesso osserviamo forme di marketing predatorio, che promettono il nuovo capolavoro del suo genere o vendono un libro per i suoi trope o hashtag, ponendo in secondo piano il percorso dell’autore o le riflessioni presenti nell’opera.
Un’altra iniziativa che ci sembra interessante è un laboratorio di creazione di siti personali, per mettere in mostra i propri lavori e work in progress, così che gli autori non debbano dipendere interamente dalle CE o realtà di mercato per la promozione delle proprie opere in un momento storico in cui questa forma pubblicitaria appare imprescindibile. Per concludere, convention, raduni, eventi (come ad esempio quella di Napoli, il Fantasia Book Party) per creare una comunità orizzontale, che non dipenda dalla mediazione di CE o iniziative editoriali per la circolazione delle idee.
Una doverosa precisazione che dobbiamo fare è che questo articolo parla strettamente verso lo scenario fantasy italiano; abbiamo in programma anche uno per quello sci-fi, che pubblicheremo prossimamente!
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